Dopo un anno difficile come quello che abbiamo appena passato, ognuno di noi sa quanto gli stimoli siano fondamentali per continuare a creare ed elaborare. Chi lavora nei settori creativi, poi, lo ha sperimentato sulla sua stessa pelle. Non poter uscire, relazionarsi con gli altri, vivere nuove esperienze che dessero nuove emozioni, è stato come chiudersi in una bolla, fatta delle solite cose, con la solita routine.
Ognuno di noi si è quindi rifugiato nel grande mondo dell’Internet, che offre (nonostante tutto, è incredibile) continue visioni del “mondo fuori”, “come era una volta”. E probabilmente è grazie anche a piattaforme come Youtube e Netflix se abbiamo continuato a sognare e sperare di ritornare con forza alla vita: tutta quella musica, quei film e quelle serie tv ci hanno accompagnato, supportato, fatto ridere e piangere nei peggiori momenti di sconforto, nei quali eravamo soli, sul nostro divano, con l’ennesima vaschetta di gelato o busta di patatine.
Il British Fashion Council ha saputo sfruttare al massimo lo slancio delle serie Netflix ed ha avviato una collaborazione con NetflixUk che ha donato a tre dei suoi allievi l’opportunità di disegnare e reinterpretare gli abiti della serie tv Bridgerton. Il team dei tre ragazzi è costituito da Aurélie Fontan, Edward Mendoza e Shanti Bell e la cosa più formidabile è che sono stati guidati dal tutor e mentore Richard Quinn.
La collaborazione tra il BFC e Netflix è già abbastanza innovativa di per sé, ma ci apre a nuove interessanti riflessioni sui possibili scenari futuri della moda. Potremmo dire che questa si stia ‘reinventando‘, utilizzando un metodo “vecchio ma nuovo”. Non è una novità assoluta, infatti, che l’alta moda riesca ad intrufolarsi nel grande schermo: dobbiamo ricordare Armani con American Gigolò? O il classico Colazione da Tiffany, con Audrey Hepburn talmente innamorata di Hubert De Givenchy da costringere il regista ad utilizzare i suoi abiti?
Però potremmo altrettanto dire che, negli ultimi anni, tutte le serie tv di massa e il cinema popolare avevano un po’ spazzato via questa bella abitudine di abbinare, restando in termini di moda, abiti lussuosi a film di spessore.
Ma soprattutto, con questa modalità il BFC cerca di introdurre il tutoring come metodo non solo valido, ma fondamentale per gli studenti di fashion design, soprattutto se il tutor è in grado di portare con sé gli anni di esperienza sul campo, come il londinese Richard Quinn.
Nonostante i costumi ufficiali non siano stati disegnati da questi giovani designers e siano invece della celebre costume designer Ellen Mijornick, gli abiti sono stati ugualmente una bella mossa di marketing e comunicazione: le foto, scattate dalla fotografa Amber Pinkerton, sono state repostate da alcune star della serie, dal profilo del BFC e anche da Netflix Uk, donando ai giovani talenti molta visibilità in entrambi i campi, del cinema e del fashion system.
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La domanda più interessante che dovremmo farci è chiederci cosa potrebbe succedere se questa iniziativa fosse in grado di dare il via a collaborazioni future tra i pilastri del “nuovo cinema streaming” (come Netflix o Amazon Prime) e le voci emergenti dei giovani designers ancora “studenti”.
Gemma Juliver, il Commercial Director del BFC, ci saluta con queste parole:
«Quest’anno è stato uno dei più difficili per l’industria della moda britannica. Siamo lieti di collaborare con Netflix per supportare i nostri designer di talento a lavorare su uno dei più grandi spettacoli dell’anno: Bridgerton. Questa collaborazione con Netflix mostra l’importanza nella moda nel mondo della televisione e del cinema».
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