Quattro fratelli che credono nel made in Italy. Altrettante personalità che si sono unite per fondare nel 2011 un marchio di scarpe: Barbanera. Parliamo di Sergio e Sebastiano Guardì e Alessandro e Filipppo Pagliacci. Oggi, a distanza di cinque anni, rimangono nel team Alessandro, Sebastiano e Sergio, il quale ha risposto a qualche domanda.
Sergio, qual è stato il motivo che vi ha spinti a creare un marchio a “otto mani”?
L’idea originale è stata di Sebastiano e Filippo. Poi ci siamo aggregati io (che tornavo da Berlino dopo un periodo di permanenza di due anni) e Alessandro che stava ultimando gli studi. Beh, siamo due coppie di fratelli quindi, rischi del lavorare con familiari a parte, eravamo molto motivati e coesi, avevamo le idee chiare su cosa fare, come farlo e su dove volessimo arrivare. Poi è ovvio che quello che abbiamo intrapreso è un viaggio che, anche oggi, non si sa mai dove può portarti.
Producete scarpe sia da uomo che da donna. Sebbene la maggior parte dei vostri omologhi le producano in modo completamente differente per quanto riguarda soprattutto l’idea di base per realizzare la collezione, voi cercate in qualche modo di non lasciarle separate. Ne è un esempio la collezione p/e 2017 “Mermaids” per la donna e “For Pirates” per l’uomo. Una scelta che intendete portare avanti?
In parte sì. Soprattutto per quanto concerne la filosofia, il mood, e la tipologia di cliente. Ovviamente pensare a una collezione da uomo e pensarla da donna non è la stessa cosa. Ci può e ci deve essere una coerenza interna, l’idea di base tendiamo a rispettarla. Partendo da un fondamento che si realizza su una qualità di un certo tipo. Ad esempio, per l’uomo abbiamo pensato a una collezione che fosse trasversale e che incarnasse le nostre “due anime”. Da una parte quella più classica e sobria, ma sempre con un twist, dall’altra la nostra anima più “rock’n’roll” e dandy. Allo stesso modo, pensiamo a una cliente donna ideale che abbia una personalità forte, decisa, attenta al look ma che sia anche poco influenzata dalle tendenze passeggere, e che quindi molto di lei venga dal suo stesso carattere. Che sia anche ironica e non si prenda troppo sul serio ma al contempo forte, decisa e sexy. A prescindere dai dettami estetici di certo c’è la voglia di creare per la donna quello he abbiamo creato o stiamo cercando di fare per l’uomo, cioè un mood ben preciso e riconoscibile: superare la distinzione tra shoemakers e produttori di scarpe “fashion”.
A proposito di questi ultimi due aspetti, quanto è difficile oggi perseguire la prima strada?
L’idea è quella di superare questa distinzione e diventare un marchio trasversale, che crei modelli di svariato tipo ma sempre con una qualità artigianale di base. Non è semplice, perché è un settore molto competitivo in termini di costi, prezzi e la qualità del made in Italy si paga. Noi, per scelta, produciamo una collezione completamente nel nostro Paese per quanto concerne produzione, packaging, pelli: tutto. Una scelta non facile, radicale, ma che riflette la nostra visione delle cose.
Definite Barbanera un marchio che ha come principio l’essere “senza compromessi”. In quali aspetti reputate compromesso il mondo della moda?
Bella domanda. I compromessi sono ovunque, in ogni settore. E se si crea un marchio che vende dei beni di consumo, volenti o nolenti si cede a qualche compromesso, perché bisogna stare alle cosiddette “regole del gioco”. Di sicuro non cediamo a compromessi in termini di qualità, e a volte, questo, altrove avviene. Ma capiamo anche che il profitto abbia le sue regole e le sue necessità. Forse, molto banalmente, un altro compromesso all’interno del mondo moda ha a che fare con l’ormai consolidata importanza dei social media. Oltre a essere una grande opportunità di comunicazione traducibile in termini commerciali, i social media rappresentano una grande opportunità per sdrammatizzare un certo modo di fare, di essere, avvicinarsi al cliente finale. Ovvio che l’avvicinamento eccessivo rappresenta un rischio, vale a dire quello di togliere “magia”, ma credo che ci sia una sorta di accettazione di alcune di quelle che sono nuove regole dettate, appunto, da questo fenomeno comunicativo in continua evoluzione. Forse un pò più di autoironia e leggerezza non guasterebbe. Così come dare vita a contenuti che arricchiscano di valore intrinseco i prodotti. Parlo di valore culturale, non solo estetico. Uno dei nostri motti è “Truth&Culture”. L’originalità intesa come veridicità, esprimere veramente, nella reale vita di tutti i giorni, i valori che si esprimono con i propri prodotti. Mi piace spesso fare questo esempio: nel mondo maschile è pieno di aspiranti dandy che non hanno idea di cosa sia realmente l’arte, la letteratura. Mi fa sorridere. Forse un pò più di profondità non guasterebbe.
Il marchio è nato nel 2011. Avete soddisfatto tutte le vostre aspettative e quali sono quelle per il futuro?
Da quando Barbanera è nato, si è molto evoluto. Inizialmente facevamo solo servizio made-to-order per privati quindi siamo molto molto giovani come marchio “vero” sul mercato. Vogliamo continuare a crescere, evolverci e mantenere la nostra versatilità e libertà creativa, ampliare i nostri orizzonti, non limitarci alle sole scarpe e ampliare quindi anche le nostre collezioni. Abbiamo da pochissimo lanciato il nostro online store all’interno del nostro sito, quindi speriamo di farlo crescere e un giorno ci piacerebbe molto aprire il nostro primo negozio monomarca.
ph courtesy: press office
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