“E a Capodanno che fai?” Quanto avete odiato questa annosa e stucchevole domanda?
Quest’anno ve ne siete liberati!
Ma non proprio tutti saranno contenti di non poter rispondere. Per salutare il vecchio anno, e inaugurare quello nuovo con un pizzico di rinnovata consapevolezza, abbiamo approfondito l’argomento della solitudine targata 2020, e in declinazione festiva, in compagnia di Chiara Maiuri, Psicologa Clinica, impegnatissima in progetti di rilevo, come ad esempio “La forza e il sorriso”.
Incontro virtualmente, come di consuetudine in questo periodo, Chiara, che mi permette di darle del tu e facciamo una lunga chiacchierata, riassunta così:
Buongiorno Chiara, grazie per avermi dedicato il tuo tempo oggi. Quello che vorrei affrontare insieme a te è un argomento che probabilmente toccherà molti in particolare quest’anno, a causa dell’emergenza sanitaria in corso, ovvero la SOLITUDINE. Fino allo scorso anno, il Natale e le feste ritirate erano inconsciamente ricollegate agli anziani, ora senza dubbio sarà maggiore il numero di giovani e adulti distanti dai propri affetti.
Come pensi che questa condizione particolare possa influire nell’interiorità di ognuno?
Lo stato attuale ha un duplice effetto. Io ho sentito molte persone, e quando parlo di persone mi riferisco ai pazienti, che non definirei tali perché sarebbe riduttivo, che hanno trovato sollevante l’idea di dover passare le feste in maniera differente. Poiché non costrette a forzare le proprie emozioni.
La classica tristezza legata all’idea che non sei felice quanto dovresti essere. Se prima era da tenere a bada, ora può anche essere sentita lecita. Questa condizione ha permesso di liberarci di una costrizione e poter ammettere anche che disprezziamo queste ricorrenze. Non ci sentiamo forzati a costruire una felicità che non sentiamo, ritrovando un equilibrio individuale.
Per chi invece considera le feste come unico momento di comunità e socialità, rappresenta un ostacolo, esattamente come il periodo di quarantena stesso.
Attualmente stiamo fronteggiando il problema e in quanto tale la ferita è ancora aperta, una volta rimarginata, rimarrà una cicatrice, ma non sappiamo ancora in che termini.
Come gestire la situazione in maniera pratica giorno dopo giorno?
Creare delle routine è il segreto. Sin dal principio ne ho parlato anche tramite video in cui consigliavo:
“Alzatevi, lavatevi e vestitevi, non è importante che non dobbiate uscire, non importa se non avete call, lo fate per voi”.
Io stessa nella mia esperienza personale, ai tempi dell’università, rimanevo dei periodi in casa per studiare a causa degli esami imminenti, benché non dovessi incontrare nessuno, mi alzavo e mi truccavo, perché mi trasmetteva l’idea di essermi ritagliata un momento strettamente personale.
Nelle festività è altrettanto importante mantenere queste routine, però bisogna riconoscere e sfruttare il potere di applicare un filo di trucco e indossare un vestito carino.
Mettere in pratica questi piccoli gesti equivale a far sentire la propria mente al sicuro, la mente ha bisogno di conservare una sua normalità, e questo chiaramente passa dal fare le cose che noi faremmo tranquillamente, nel limite del possibile. C’è chi collauda nuove ricette, chi fa yoga, chi legge, ma ricopre un ruolo fondamentale anche la cura di se stessi.
Per non imbruttirsi, non dal punto di vista estetico, ma interiore.
Inoltre, è saliente combattere l’idea che se siamo da soli non ha senso fare qualcosa, poiché non ci vede nessuno.
A casa da sole, o con il proprio compagno/a o fidanzato/a. I cosmetici hanno un potere sul tono del nostro umore?
Come accennato prima sì. Per quanto effettivamente la solitudine sia un grosso problema, è vero anche che la convivenza forzata lo è altrettanto. Quindi per chi ha al proprio fianco qualcuno: marito, fidanzato, figli, la cura di se stessi è un momento ritagliato all’interno di una situazione i cui spazi sono ristretti, con una sorta di scusa, se la vogliamo definire così: “Mamma va in bagno a prendersi cura di sé”. Un atto di gentilezza indirizzato a noi stessi.
Oppure può diventare anche un gioco, con i bambini e con il fidanzato che si presta e tramutarsi in un momento di spensierata socialità.
Cosa emerge dalla seguente analisi?
Non siamo abituati a fare le cose esclusivamente per noi. Agiamo per dimostrare a qualcun altro, per compiacere, e in parte va benissimo perchè è parte di una dinamica della mente umana. Ma fa emergere anche una questione più profonda, l’idea che la solitudine sia qualcosa da combattere, un nemico non ben identificato. Qualcosa non va. Nella solitudine si possono fare tante cose, che ci fanno sentire bene e che si inseriscono mano mano nella nostra routine a seconda del tempo a disposizione. Possono essere 10 minuti, mezz’ora, un’ ora. Il tempo che investiamo ci consente di accrescere la nostra autostima. Se teniamo presente che allo specchio non vediamo mai ciò che siamo, ma è il riflesso dell’ idea che visualizziamo nella nostra mente e in quel momento è rappresentato l’atto di esserci prese cura di noi, allora un riscontro positivo è praticamente assicurato.
In che modo questo si ricollega al discorso dell’ultimo dell’anno e Capodanno?
L’ultimo dell’anno è il momento perfetto per costruire una routine e inserire in questa nuove abitudini dedicate a noi stesse e quale miglior occasione per inizare a sperimentarle?
Forse il fatto di essere così spiazzati da una solitudine forzata, ci porta a riflettere sulla capacità di fermarci a riflettere su una vita dai ritmi serrati. Cosa portiamo nel bagaglio del 2021 oltre alla cura per noi stessi?
Nelle prime fasi del lockdown scorso, io ricordo di aver dovuto affrontare con i miei pazienti proprio il tema del trovarsi a riflettere su cose alle quali prima non avevano mai riflettuto, perché sono cose alle quali non ci si fa caso, o vieni a farlo in terapia oppure è difficile cimentarsi. Per alcuni è stato così doloroso confrontarsi con se stessi, che per quanto non sia possibile dedicare giornate intere a questa pratica, forse dovremmo ritagliarci dei brevi momenti ma più frequenti del solito. Perché quando torneremo alla vita frenetica di prima sarebbe importante aver acquisito questa abitudine, per non rimanere nuovamente scioccati dal confronto con noi stessi.
Molti hanno avuto difficoltà ad accettare la nuova dimensione e si sono proiettati nel futuro come risposta ad una solitudine forzata. Cosa pensi a riguardo?
Non siamo nel qui ed ora, non siamo mai dove stiamo.
Tragedie a parte, chi ha vita più semplice sono coloro che vivono giorno per giorno, senza proiettarsi nel futuro carico di ansie e con il pensiero costante: “Quando uscirò?”. Al contrario è importante trovare nel proprio ambiente una dimensione familiare.
Nella pratica, può essere interessante scriversi, come propositi per il nuovo anno, ciò che abbiamo imparato. Poiché i propositi di per sé sono troppo evanescenti. Siamo molto bravi ad imparare nuove cose, e altrettanto a dimentarcele domani una volta che non le abbiamo più sottomano. Allora, forse, l’atto di scrivere, e tenere il risultato come monito, da un senso più profondo a ciò che abbiamo imparato.
Dove il primo proposito è trovare il tempo per noi stessi, dove l’uso del verbo “trovare” non è un caso, ma ha intresicamente ha il significato di non crearsi dei comodi sotterfugi per eludere la paura di conoscersi. Un percorso lungo, che dobbiamo fare un passo per volta. Una rivoluzione che si mette in atto piano piano, che non ti sconvolge la vita, ma che gradualmente la cambia in meglio.
Io del resto, non conosco nessuno che effettivamente se ne freghi del proprio aspetto e non voglia curarsene, chi lo dice lo fa per difesa.
Un consiglio, o una riflessione che ti senti di dare per il prossimo anno, alla luce di quello che abbiamo detto in questa lunga e piacevole discussione.
Io credo che sia importante fare tesoro di almeno una cosa che abbiamo appreso in questo periodo, sceglierne una tra tutte e impadronircene portandola con noi per tutto l’anno, e mettendola in pratica.
Inoltre, spero che la cura di se stessi, possa essere tra quelle, sfidando le resistenze alle quale ci ancoriamo ostacolando la nostra femminilità. Abbattiamo I limiti che ci siamo o ci hanno imposto, giocando e affrontando cose che diversamente non faremmo. Una cosa ormai la sappiamo, abbiamo capito di essere capaci a fronteggiare anche quello che credevamo di non essere in grado di sopportare.
Allora teniamo a mente una domanda, come un mantra, ogni volta che si palesa un’esperienza sconosciuta, ripetiamo a noi stessi: “Perché no?”.
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