Ottavia Vianson e Nicola Voltolini. Lei è illustratrice e responsabile della creazione di stampe uniche. Lui è il designer, la persona che crea la silhouette. Insieme sono due giovani creativi che quest’anno hanno dato vita a Ou Non, marchio di moda femminile made in Italy. La prima collezione è pensata per la prossima estate e a raccontarla sono i due fondatori, che in questa intervista spiegano come è nato il brand e gli obiettivi per il futuro.
Ottavia, Nicola, quando e perché avete deciso di unire le vostre competenze in ambito stilisto e creare Ou Non?
NV: Ci conosciamo dai tempi della scuola, e da tempo pensavamo di dare via a un progetto personale che esprimesse chi siamo e il nostro punto di vista. Proveniamo da due estrazioni culturali molto diverse e abbiamo gusti e idee agli antipodi. Questi dettagli ci sono sembrati perfetti per concretizzare la nostra idea: uno compensa l’altro. Tutto è nato da una chiacchierata e ci siamo buttati.
Come mai avete chiamato il marchio Ou Non, ovvero o no? Per porvi come alternativa al panorama attuale della moda o, per come hai appena detto tu Nicola, deriva dal rischiare o meno l’avvio di una realtà come la vostra?
NV: Non abbiamo certezze, il nome è una sorta di domanda che vogliamo porre anche all’acquirente, ma anche a noi stessi. Quindi si pensiamo di essere un’alternativa ma senza presunzioni, noi andiamo avanti per la nostra strada. Inoltre richiama i nostri nomi, ma in modo diverso dando comunque il senso di un brand dove l’aspetto personale è molto forte: lo abbiamo cucito addosso.
Osservando la vostra prima collezione, lo shooting, si direbbe che vi siate molto divertiti a concepirla. È l’allegria e la spensieratezza uno dei tratti caratteristici del marchio che vedremo anche nelle successive collezioni?
OV: Assolutamente sì. Siamo due persone molto visionarie e cerchiamo di conciliare queste visioni un po’ paradossali, ilari, con il mondo dell’abbigliamento che ha le sue regole. Ed è proprio questo ciò che ci stimola e diverte.
NV: Si tratta di una vera e propria arteria del nostro progetto. Vorremmo che le persone si divertano nel guardarla, ma non solo dal punto di vista ludico ma anche riflessivo: non è detto che le prossime stagioni esprimeranno in modo così esplicito questa sensazione, ma è possibile che lo facciano da un punto di vista più concettuale, più sofisticato.
Quali sono gli altri elementi portanti di Ou Non?
NV: Sicuramente la femminilità, il non volere per forza cedere alle tendenze mainstream, riflettendo su dei temi importanti senza però interpretarli troppo seriamente. L’obiettivo è riportare gli abiti a quello che sono, ovvero delle armature, tendo però ben presente che non stiamo andando in guerra: ci vuole anche un po’ di frivolezza. Non vogliamo creare una dottrina e non abbiamo concetti estremi da comunicare, però vogliamo esprimere quello che per noi è questo momento storico, come abbiamo fatto con la nostra prima collezione: l’obbiettivo era quello di rappresentare un’estate italiana, la nostra e attraverso i nostri occhi.
Producete attraverso LATE, il laboratorio di LATEWEAR: com’è nata questa collaborazione?
OV: È nata un po’ per caso, attraverso Facebook. Dopo vari tentativi siamo riusciti ad arrivare a loro, ad Antonella che ci ha accolti. Abbiamo ricevuto molti consigli, soprattutto dal punto di vista commerciale e relativo alla produzione. In ogni caso alla fine l’ultima decisione a livello stilistico e progettuale è nostra, ovviamente. Tuttavia trovare un progetto così oggi non è facile, e appena abbiamo trovato la loro pagina sui social ci siamo fermati un momento e abbiamo capito che era la strada giusta per una start up come le nostra.
Qual è il target a cui vi rivolgete?
NV: Le nostre clienti vanno dai 25 ai 35 anni, stando molto ampi, anche se in realtà vedendo la collezione potrebbe non sembrare. Ma qui ritorna il gioco: una ragazza oggi giorno, anche se ha una famiglia e un lavoro sin da giovane, non significa che non abbia più voglia di scherzare, di sorridere e osare un po’ ma con eleganza.
Cos’è per voi la moda?
NV: per noi dovrebbe essere un evento culturale, dietro al quale ci sono la storia, la cultura… Una forma d’arte. Di quella attuale apprezziamo le contaminazioni, e questo è dovuto anche al fatto del cambio repentino dei direttori creativi, che non vedo con occhio negativo. Il problema oggi della moda è l’assenza di una subcultura, e questo per me, che ho studiato antropologia prima di dedicarmi agli studi di moda, è un dato negativo, ne subisco un po’ l’assenza ecco.
Quali sono i progetti per il futuro?
OV: Siamo una realtà piccola che vuole esprimersi, senza necessariamente incastrarsi all’interno del mondo della moda, ma cercando di trovare ispirazione al di fuori, in altre realtà. Siamo un continuo work in progress. A livello produttivo, attualmente stiamo lavorando sulla collezione invernale che presenteremo l’anno prossimo.
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